Architetture dell’assurdo

Architetture assurde o architetture dell’assurdo… devo dire che spesso ammiro e un po’ invidio certo pragmatismo americano soprattutto nelle “cose” umanistiche, ma questo libello di John Silber, Architetture dell’assurdo. Come il “genio” ha tradito un’arte al servizio della comunità (Lindau), si spinge però davvero troppo oltre e diviene una modello di lettura divertente, in cui la critica si insinua pericolosamente nell’accademia e in cui antipatie divengono manifesti programmatici e un certo dilettantismo si trasforma in feroce accademismo… in nome del buon senso e del buongusto l’ultraottantenne letterato John Silber, con un passato architettonico fatto di una padre architetto e una supervisione ai lavori dell’Università di Boston di cui era rettore, passa in rassegna case, palazzi, torri di architetti famosi, mettendo in rilievo certo spirito assurdo che queste costruzioni hanno preso. Se la prende con il “teorichese” con cui queste operazioni vengono celebrate e ci lascia invece una serie di consiglietti pratici sostenuti da poco o nulla… divertente, davvero divertente e non scherzo. Ce n’è un po’ per tutti con un linguaggio bonario da nonno delle favole e un’arguzia di stampo ottocentesco… intanto l’importante è essere popolari e populisti, basta i paroloni nell’arte… l’arte è di tutti (a parte dimenticare che nella storia dell’arte questo non è vero se non in minima parte, ma perché studiare estetica quando si ha un buon gusto come il suo che dissipa qualunque problema storico/critico?). In nome dell’estetica mette etichette come “assurdo” che ha una storia filosofica pregnante, così, come viene, unendo Beckett e Jonesco, John Cage e Frank Lloyd Wright, ma si… che problema c’è, vorrete mica studiare quei pesanti tomi di estetica contemporanea? Ma va là, godetevi la vita…
Una definizione alla fine vale l’altra e basta con questi burocrati delle materie umanistiche che sanno solo studiare… iniziamo a sparare a zero che è meglio: perché si è costruita una piramide nel mezzo del cortile del Louvre deturpandolo? Bella domanda… penso dipenda dai gusti e visto che il nostro Silber non ci da niente se non il suo punto di vista, risponderò dicendo che la piramide è bella, è un simbolo quasi ancestrale della cultura, è una figura geometrica quasi magica, la struttura di ferro e vetro la rende agile e snella, potenzia il cortile, le fontane che l’attorniano danno fluidità, aria, respiro ad un cortile che con buona pace del conservatorismo di marca ottocentesca che alberga in questo volume, non era gran cosa… utile ai tempi in cui venne costruito come piazza d’armi e luogo per i cavalli… Che dire poi di Gehry e la sua Walt Disney Hall a Los Angeles che con tutte quelle lamiere al sole acceca gli appartamenti accanto e fa innalzare le temperature degli stessi. Una bella foto della costruzione ci fa vedere questo inferno di lamiere… certo, eppure 4 anni ero a Los Angeles e non mi ricordavo bene questa cosa, sono infatti andato sul street view e google map e infatti, ricordavo bene… non ci sono appartamenti nel raggio di parecchie centinaia di metri della sala da concerto!!! Fenomenale, e infatti la foto misura bene i confini del palazzo per non riprendere le grandi arterie stradali, i due parcheggi, l’area vuota, il pavillon di fronte che con la tettoia quasi a chiudere non ha finestre… ma anche qui, non scoraggiamoci, l’importante è sfoderare un sorriso tagliente e non essere “teorichesi”, poi si possono anche sparare cazzate a raffica.E’ invece interessante notare come in studi seri di sociologi urbani e pianificatori sia stato rilevato come la zona, sede solo di uffici, si stai ripopolando dopo l’inaugurazione del palazzo… mi spiego meglo: non solo i musicisti affermano che si tratta di una delle migliori sale da concerto del mondo, non solo è già divenuto un simbolo in grado di attarre turismo e far parlare di sé la città con le importanti ricedute economiche che questo significa, ma sta svolgendo anche la funzione di radicare gli abitanti di Los Angeles a lla propria cittàe ad un quartiere che era quasi abbandonato rimettendo in moto il mercato immobiliare e edilizio… cattivo Gehry, cattivo!!!
Ma Silber ci delizia anche con pregevoli massime su un’arte comprensibile e popolare riferendosi ai capolavori immortali di Michelangelo e via dicendo…. suvvia un po’ di buon senso, come non si fa ad essere d’accordo. Ma se il valore estetico dovesse essere compenetrato con quanto gli artisti fanno nelle loro epoche, beh! non saprei quanto avrebbero fatto i famosi artisti di tutte le epoche senza i soldi dei potenti, certo non era il popolo delle campagne a pagare i loro capolavori e nemmeno a goderseli, diciamocela tutta! Non so quanto “popolare” fosse la loro arte…
Gehry a Los Angeles è riuscito laddove per circa 100 anni hanno fallito tutti, dare una architettura monumentale a Los Angeles, la città senza forma che aveva come unico logo riconoscibile la scritta Hollywood. Riposizionare in un centro disabitato come downtown (forse a causa dell’accecamento delle lamiere di Gehry) una dimensione se non di agorà, almeno di spazio transitabile, turisticamente attrattivo. Downtown, la cittadella fortificata e videosorvegliata che per ben 2 volte è stata lì lì per essere oggetto della furia delle riots (nel ’65 e nel ’92) si riapre alla paura, si mostra, si rivitalizza. In un momento in cui le città hanno perso il ruolo gestionale e amministrativo e guadagnano dal punto di vista post-industriale, comunicativo e turistico, Gehry ha realizzato un’opera in grado di comunicare e celebrare la città… senza contare che forse avrebbe dovuto scomodarsi e sentire un concerto in quella sala, forse avrebbe apprezzato la funzionalità della costruzione…
Il libro, a parte gli scherzi, ha anche diverse intuizioni ed è un viaggio affascinante tra le architetture, e devo dire che è anche divertente confrontarsi con il suo autore… tanto, abbandonato il “teorichese”, abbandonata la scientificità, abbandonate le remore nel servirsi di definizioni pregnanti e precise, abbandonato persino lo scrupolo di attenersi a rilievi di estetica definiti, perché no, confrontiamoci sul mi piace e non mi piace, diamoci dentro nella critica, intraprendiamo un bel dialogo serrato con il buon vecchio Silber… che ci costa?