Rilassato, disponibile, divertito e arguto… così si è proposto oggi Werner Herzog ai giornalisti per presentare l’importante omaggio che il Museo Nazionale del Cinema di Torino gli rende. Un omaggio che prevede la proiezioni di tutti i suoi film, molti dei quali ristampati appositamente per questo evento. Una mostra di fotografie, video e installazioni presso la sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, un bel libro di Grazia Paganelli (edizioni Il Castoro) con approfondimenti critici, una lunga e interessante intervista e un ricco apparato fotografico. E inoltre un evento musicale al Piccolo Regio, il cine-concerto Requiem for a Dying Planet, con l’esecuzione dal vivo della colonna sonora di The White Diamond (2004) e di The Wild Blue Yonder.
Insomma Torino rende omaggio a questo grande regista tedesco, diventato famoso tra gli anni ’70 e gli anni ’80 per film come Aguirre, furore di Dio (1972), Nosferatu, il principe della notte (1979) e Fitzcarraldo (1982) e poi un po’ scomparso.
Ma alcuni degli ultimi lavori lo hanno riportato alla ribalta, hanno riproposto il talento visionario di questo regista, la sua urgenza di guardare e di proporre visioni. Il suo cinema è ormai al confine tra il documentario, il reportage, il diario e la fiction. Difficilmente etichettabile ha il pregio di proporre riflessioni mai banali sul mondo, sull’uomo. I temi a lui cari sono l’apocalisse e l’estasi, il rapporto tra l’uomo e la natura, il confine con la follia del pensiero umano, ma ciò che colpisce è la profondità della visione, di come il suo cinema che erra – così come lo stesso Herzog – per il mondo, sappia ancora trovare il bello e il sorprendente in un mondo che ci pare ormai sotto controllo, visibile, colonizzato dallo sguardo umano. Eppure sotto la superficie si muovono ancora visioni, si odono suoni originali.
Encounters of the End of the World, il suo nuovo film, presentato in anteprima a Torino è così un viaggio al Polo Sud, in una base dove studiosi di tutto il mondo si incontrano e si spingono oltre i confini dell’uomo per guardare… magari un iceberg gigante, dentro la bocca di un vulcano in attività, oppure immergendosi sotto la calotta ghiacciata, o ancora in fiabesche grotte di ghiaccio. Herzog registra queste visioni, ma soprattutto incontra gli uomini artefici di queste visioni, “sognatori” – come alcuni di loro si definiscono – che sfidano se stessi, proprio come il regista, armato del suo occhio cinematografico e della sua curiosità, delle sue domande che forse non trovano una vera risposta ma che fanno del suo cinema un’esperienza unica.