Durante il lockdown del 2020 assieme a Bertram Niessen, direttore scientifico di cheFare e Alessandro Bollo, direttore del Polo del ‘900 di Torino, abbiamo iniziato a scambiare qualche impressione riguardo a ciò che stava avvenendo e che sarebbe avvenuto nei diversi campi della cultura a causa delle chiusure e degli interventi emergenziali. (Il risultato è stato Blueprint, un volume che si può scaricare gratuitamente qui)
La situazione era, e continua a essere, drammatica e volevamo capire quale avrebbe potuto essere il più efficace punto di vista per fare delle proposte sensate ed efficaci. Da più parti si sentivano voci che provavano a mettere in campo soluzioni di diverso tipo, soprattutto economiche a sostegno della riapertura.
Nel nostro caso abbiamo provato a immaginarci una piattaforma, una sorta di osservatorio che collazionasse pratiche particolarmente efficaci. Abbiamo chiesto a una serie di operatori culturali di diversi settori di scegliere una pratica internazionale (dando per scontato che quelle italiane in un modo o nell’altro avrebbero avuto una loro visibilità) e proporla in una scheda sintetica. Abbiamo quindi riunito una serie di casi di enti, associazioni, istituti, musei, società che hanno utilizzato una strategia specifica, legata alle possibilità messe in campo dalle tecnologie digitali. Esempi che possono essere di ispirazione, possono creare modelli. Ecco! Abbiamo voluto muoverci in questa direzione anche per non rimanere legati a modelli già visti, ad analisi a senso unico, a strutture che si ripetono. La scelta delle pratiche va quindi nella direzione di scavalcare problemi di metodologie già usate. Il valore della pratica sta nella sua stessa sostanza, nel dare risposte, nel provare un dialogo, nella sua natura sperimentale, nella sua apertura verso un pubblico attraverso un canale (o più canali) prima mai tentata.
In questo senso la mia attenzione specifica si è rivolta soprattutto alle tecnologie. A mio parere le tecnologie vanno osservate secondo due prospettive fondamentalmente: da una parte l’emergere di nuove tecnologie in grado di ampliare le possibilità di comunicazione, di dialogo, di condivisione di contenuti (fondi di musei e biblioteche per esempio). Il punto è osservare dove si rivolgono alcune tecnologie emergenti come quelle immersive (XR) o l’intelligenza artificiale (AI) e come possono declinarsi negli ambiti artistici e culturali. L’altro campo di analisi è quello dell’uso di tecnologie comuni piegate a nuovi usi: i canali social, le piattaforme, i blog, i videogiochi, le connessioni wi fi, il GPS. Si tratta di una sorta di attivismo digitale che pretende di utilizzare mezzi e dispositivi in maniere libera e creativa, focalizzandone l’uso ai fini di una nuova partecipazione culturale.
Oggi alle 17.30 (qui) avremo modo di parlare con alcuni dei nostri collaboratori e con degli osservatori di eccezione proprio di questi modelli soprattutto della validità e solidità di un sistema che collaziona pratiche. Un osservatorio delle pratiche che si fa piattaforma per successivi e ulteriori approfondimenti.