10 cose di noi

Los Angeles, si sa, è la città dei grandi contrasti, nella sua vastità geografica riunisce come in un arcipelago diverse lingue, diverse culture, architetture e paesaggi. Risulta quindi logico che il “luogo” principale di Los Angeles sia l’automobile, il mezzo fondamentale per spostarsi nell’intricato nodo di strade e autostrade che caratterizza la visione della megalopoli californiana.
Non a caso 10 cose di noi inizia su un’automobile che trasporta un famoso divo del cinema in luoghi per lui non usuali attraverso un paesaggio industriale. La meta è un supermercato in un quartiere povero, lì verrà realizzato un film indipendente, l’ultima sfida della star (un grandioso Morgan Freeman che con senso dell’ironia si propone in questo ruolo in parte autobiografico). Qui incontra una cassiera di un altro mondo (una bravissima Paz Vega), quello dei quartieri pericolosi, poveri, in cui lo spagnolo è la prima lingua. Insieme attraverseranno la città, connetteranno per una volta universi distanti e differenti, si incontreranno, parleranno, metteranno in comune un’umanità che sfida le regole sociali e le barriere architettoniche.
Un film bello, piccolo, girato con la “voracità” di un indipendente. Molto parlato, molto ironico, senza il vizio del lieto fine a tutti costi, né delle sequenze spettacolari. Senza cadere nei tranelli di un sentimentalismo un po’ new age che aveva caratterizzato La città degli angeli, film precedente del regista Brad Siberling, né della storia d’amore ad ogni costo.