Il mio primo giorno al Festival di Pesaro è nel nome di Fernando Solanas, il grande regista argentino che a Pesaro ha presentato il suo ormai storico La hora de los hornos, proiettato proprio a questo festival nel 1968. Un documento potente sul mondo latino-americano, sulla dittatura e il colpo di stato argentino. Un film militante, un grido di dolore: diviso in capitoli, parlano gli studenti, i lavoratori, i peronisti torturati… si vede l’Argentina degli operai, degli sfruttati, degli ultimi e il discorso si apre sulla situazione neocoloniale del Sud America. Un film diretto, necessario… i segni del tempo, la pellicola rovinata, la certo non perfetta situazione di ripresa, lo rendono ancora più incisivo, danno l’idea di un cinema coraggioso, forte della propria “missione”, luogo della comunicazione, dell’espressione, dell’arte e della informazione. L’applauso dopo il film si lega con quello per l’arrivo del regista che parla con il pubblico, conversa sull’Argentina di oggi, sul film, sulla necessità di realizzarlo e di portarlo nel mondo per mostrarlo… penso che Pesaro, proprio per la sua natura di festival da sempre attento alle cinematografie “altre”, al cinema come discorso sociale e politico, al cinema “giovane”, militante, di ricerca, non potesse trovare modo migliore per celebrare il ’68.
Intanto le notti pesaresi si accendono con il Dopofestival, curato da Antonio Pezzuto, è un momento dedicato al video, alla ricerca video, alla videoarte. Molti nomi, alcuni anche molto giovani, a sottolineare un panorama variegato e vivace. Con l’aiuto di Pezzuto vi propongo alcuni filmati della selezione. Oggi tocca a Oliver Pietsch con Maybe Not
Enjoy!