Su “Repubblica” di qualche giorno fa ho trovato un interessante articolo su Paolo Coelho che diventa regista e lo fa chiamando a raccolta i suoi fan per inviare i propri film su You Tube. Alla fine lo scrittore assemblerà le idee migliori e monterà un vero e proprio lungometraggio. L’idea è interessante perché chiama in causa i social network, smarca il cinema dalla solita trafila produttiva e incoraggia un rapporto diretto tra testo, regista e pubblico. Sembrano esserci in questa operazione, che non dimentichiamo è anche, chiaramente, un’operazione di marketing, i semi di un futuro ormai presente del cinema: un flusso audiovisivo eternamente presente che mette in comunicazione le persone e pone i testi in una situazione di continua ri-lettura e transcodifica. Un cinema diffuso e mai reale, fluido (“soft”) e mai “hard”, mai d’autore (in quanto perennemente rinnovato, ri-letto, ri-pensato, ri-locato)… viene da chiedersi quanto questo potrà ancora chiamarsi cinema. Una domanda che si pongono studiosi come Paolo Cherchi Usai e David N. Rodowick con il suo Il cinema nell’era del virtuale, da poco edito da Olivares. Rodowick appunto si chiede cosa sia il cinema e cosa resta del cinema nelle nuove forme passate attraverso il digitale. Un libro interessante… trovo comunque fuorviante volere cercare il cinema a tutti i costi, forse vale la pena di riprendere un bel libro mai tradotto in Italia, Death 24 X A Second di Laura Mulvey, che parla proprio di morte del cinema attuata attraverso la visione dei DVD, visione caratterizzata da continui stop, rallentamenti, accelerazioni, salti di capitoli etc. la temporalità del cinema classicamente inteso viene frammentata e smontata. Nel computer, su Internet tutto ciò avviene con una intensificazione ancora maggiore. I dati computazionali fagocitano film, foto, news, scritte, pubblicità e quant’altro e il viaggiatore di Internet con i suoi programmi è in grado, anzi è chiamato, a selezionare, manipolare, estrarre, scambiare… forse, senza nostalgia, bisognerà parlare di qualche cosa d’altro e lasciare il cinema nella memoria di un’epoca che non è più questa.
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