Terzo giorno al Torino Film Festival, ieri ho visto il film turco My Only Sunshine di Reha Erdem e l'ho trovato un buon film, la storia di una bambina che diventa adolescente in un contesto degradato: Istanbul è lontana, lei e il padre vivono in una sorta di favelas lontanta dal centro in una baracca sull'acqua… il padre fornisce prostitute e droga alle navi che passano per il porto turco, la loro vita è una sinfonia di losers sull'acqua tra navi, traghetti, barche a motore e barche a remi… la vita di Hayat (questo il nome della piccola protagonista) sembra sempre sull'orlo di precipitare, con il padre che si nasconde dalla polizia, la madre che compare solo di quando in quando, il nonno ormai morente e una serie di conoscenze a dir poco ambigue (dalle prostitute del padre a vari pesronaggi che girano intorno alla casa-baracca)… un film inseorabile, commovente, a tratti vibrante che pulsa sull'orlo della tragedia e che ha come protagonista un porto immenso fatto di piccole cose e piccole vite strappate ai loro destini…
Qualche delusione nel settore che più mi interessa cioè il cinema di ricerca e sperimentale e la videoarte (la sezione Onde), quando, con film come Rebeca o Cerro de la Cruz la ricerca si esplica in un linguaggio che era sperimentale trenta o quarant'anni fa ti chiedi qual'è il fine di una sperimentazione su temi e forme vecchi… non cozza questo con la definzione stessa di sperimentale? Quale arte dietro formule linguistiche piuttosto trite? Anche Diario 1989. Dancing in the Dark è una piccola delusione, il film di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, il cui lavoro ho sempre apprezzato molto, in questo caso lascia perplessi: una serie di riprese fatte dagli stessi nell'estate del 1989 durante alcuni festival de L'Unità romagnoli. Balli, danze e canti recuperati e messi uno accanto all'altro dell'estate della caduta del muro e del cambio di nome del PCI, resta però un film piuttosto inconcludente come mero "carnevale" di volti e musiche andati…
Bello invece RIP! A Remix Manifesto, documentario-manifesto sul remix come pratica d'espresione libera. Prendere, citare e reinterpretare musiche e immagini precedente come forma creativa caratteristica del nostro tempo e della nostra tecnologia, la Rete. Una forma di espressione ma anche una forma di libertà per cui combattere (con un manifesto) contro tutti i tentativi delle grandi case di produzione.
Riguardo i film di Nicholas Ray (la retrospettiva), mi astengo da qualsiasi commento, la storia del cinema ha già detto abbastanza di questo grandissimo regista hollywoodiano…
Al prossimo aggiornamento