“Cease and Desist” è una lettera di minacce
legali che sta ormai diventando un vero e proprio “trofeo” per artisti che
sfidano apertamente le leggi sul copyright, e in generale le leggi che stanno
alla base del sistema economico e finanziario contemporaneo. Se ne parlerà
giovedì 27 a Roma a Digital Freedoms,
giornata di incontri che intende riunire i maggiori esponenti ed artefici della
cultura elettronica e digitale italiana. Al centro dell'attenzione viene
collocata l'essenza del far cultura, politica e comunicazione attraverso i
nuovi media, mantenendo saldo e fermo lo spirito di libertà che per decenni li
ha caratterizzati. Coordinatori della giornata: Luigi Pagliarini
(Artificialia), Simona Lodi (Piemonte Share), Arturo Di Corinto (FHF), Filippo
Martorana (Linux club), Oriana Persico e Salvatore Iaconesi (Art is Open
Source). La giornata è parte integrante di LPM – Live Performers Meeting (sito), l’incontro internazionale di live video performers, visual artists e
vj, dedicato alle performance video dal vivo arriva alla sua ottava edizione
(27-30 maggio, Roma). All’interno di queste 4 giornate intense di spettacoli e
e incontri dedicate all’elettronica e al digitale. E “Cease and Desist” è anche
alla base della mostra Cease & Desist Art: Yes, This is Illegal! curata da Simona Lodi. Una mostra che si
occupa di open source e rete, libertà e diritti d’autore, hacker e legalità
mediale. “Da
diversi anni a questa parte – spiega Simona Lodi – è diventata pratica comune tra gli artisti digitali
dedicarsi all’arte illegale. Non si contano più le lettere di Cease &
Desist inviate dalle aziende entrate nel mirino di pirati, plagiaristi, hacker
e disturbatori che vengono mostrate come trofei nelle mostre, nelle community e
divulgate nelle mailing list. Azioni artistiche che promuovono forme
controverse di arte, usano le comunicazioni guerrilla per agire contro la
legalità delle norme che regolano il diritto d’autore e la proprietà
intellettuale. Ottenere una lettera Cease & Desist è diventata una
frontiera estetica da raggiungere per rivendicare la libertà di creare nell’Era
delle Corporation. Ogni artista che ne voglia far parte sceglie un buon
avvocato piuttosto che un buon gallerista. Cosa sta accadendo nel futuro
dell’arte? Quali sono le libertà che questi artisti rivendicano? Tutto ciò ha a
che fare con la fine delle tecno utopie? In che modo il business si è
appropriato del sistema di valori hacker, sfruttando l’open source, le libertà
e uguaglianza e scatenando queste pratiche?”