L’Antigone di Motus

Iovadovia (Antigone) che ho visto al Festival delle Colline Torinesi il 23 giugno (spettacolo con cui la manifestazione si è conclusa) è la terza parte di un progetto Antigone della compagnia Motus che comprende Let the Sunshine In e Too Late. Una riflessione sulla classica tragedia greca ma anche sulla messa in scena del Living Theatre e, ancora, sui molti significati di Antigone, la protesta, la rabbia, al giustizia, la rivolta al potere costituito quando esso è cieco. Questo terzo episodio gioca sul contrasto luce e ombra, la scelta di morte di Antigone che decide di andare al sepolcro per la giustizia. Lo spazio scenico è al buio, appena rischiarato da alcune lampade o faretti, lampi di luce nel sepolcro di Antigone. Un piccolo spazio, una tenda semitrasparente in cui l'attrice si nasconde agli occhi del pubblico, una piccolissima camera usata dall'attrice come una sorta di diario dalla tomba e uno schermo rotondo sulla scena che riportano il viso di Antigone, dettagli del suo corpo, che rimanda, come un occhio endoscopico, i lamenti e le lacrime di Antigone che si è auto relegata fuori dal mondo dei vivi. Silvia Calderoni, la strepitosa attrice che interpreta Antigone, usa il corpo per trasmettere le emozioni, si serve dei testi (quello classico, quello del Living) per riflettere sul suo personaggio ma anche, uscendo da esso, sulla sua scelta. Una messinscena molto fisica, di impatto. Antigone attualissima, con il rimando  al caso di Alexis, giovanissimo anarchico greco ucciso da un poliziotto… ma attuale anche perché Antigone è un interrogativo aperto sul mondo, sul potere, sull'ingiustizia.