A volte i festival riescono a sorprenderti e in questo caso il Torino Film Festival c’è riuscito in pieno con l’omaggio al regista giapponese Sion Sono. Un regista che potremmo definire eccessivo che si avventura nei meandri più estremi della violenza e dell’amore. Un regista che non teme di sporcarasi le mani con la tradizione del manga, con il pop e il kitsch.
Qui di seguito trovate alcuni trailer e un’intervista piuttosto interessante.
Il film che più mi ha colpito proprio per il tema del blog, Postcinema, è Utsushimi (2000). Si parte dalla statua che Tokyo ha dedicato ad Hachiko, cane simbolo della fedeltà al suo padrone, poi il regista intraprende un percorso sul corpo, mostrando il training e alcune performance nella scuola di buto del maestro Maro Akaji… entriamo poi nello studio del fotografo Araki Nobuyoshi, specializzato in nudi femminili, e infine l’atelier di Arakawa Shinichiro, giovane stilista che prepara la sua collezione per le sfilate parigine. Sono guarda i corpi, le posture, si interroga sull’amore iniziando le prove di un suo film, protagonista una giovane liceale, che sembra uscita da un manga, che si innamora di un cuoco e decide di perdere la verginità con lui. La loro storia d’amore è folle ed estrema. La giovane dedita alla corsa costringe il giovane cuoco al suo mondo in un estenuante rincorrersi per le strade e le periferie di Tokyo. Si tratta di appunti, notazioni, prove, performance ancora grezze di un film da farsi e di immagini documentarie. Una narrazione fuori dalle regole classiche e canoniche. Un film di appunti, come si diceva, di pensieri, illuminazioni, di prove d’attore. Un film davvero ai limiti del cinema, fuori dallo storytelling convenzionale che mischia forme e pratiche di cinema differenti. Un cinema quasi filosofico…