Sono passati tre anni da quando si fece una bella e schietta discussione con Matteo Negrin, direttore della Fondazione Piemonte dal Vivo (qui). Il tema era: cosa ha significato il COVID per lo spettacolo dal vivo? A parte le considerazioni, piuttosto ovvie anche se importanti, come il fatto che l’emergenza avesse funzionato da attivatore, in alcuni casi, e da acceleratore, in altri, di istanze tecnologiche. Avvantaggiando ovviamente quanti acceleravano e cioè quanti avevano già adottato strategie tecnologiche precedentemente, rispetto a quanti si trovavano ad adottarle in emergenza. Ma che comunque questo travaglio era stato foriero, quantomeno di una nuova consapevolezza e di una attitudine al tecnologico più matura. Non acquistare tecnologie “tanto per” e nemmeno evitare il confronto con fare snobistico. La questione era ormai sul tavolo. Così come sul tavolo stava anche il tema della trasversalità delle tecnologie che, se adottate in maniera intelligente, fungevano da attrattori, da chiave per l’accessibilità, ma anche di servizio importante per la comunicazione e la comunicazione.
In fondo il teatro digitale poteva essere esplorato, non solo per la sua capacità di porre rimedio ad una situazione decisamente eccezionale, ma anche come territorio da esplorare. Nascevano anche le opportunità di guardare a nuove relazioni con uno scomparto industriale, quello dello sviluppo dei media digitali, che sembrava del tutto alieno allo spettacolo dal vivo. Anche il Governo stava adottando misure in quella direzione affidando al MISE una serie di interventi (Bandi) riguardanti proprio la possibilità di collaborazione tra imprese ad alto grado di innovazione e luoghi di spettacolo e cultura.
In quel momento si posizionava la riflessione di Matteo Negrin che aveva iniziato a domandarsi cosa fare di quelle ricerche, di quelle pratiche e sperimentazioni che il COVID aveva propiziato. Nasce così onLive (qui), una sorta di “stagione nella stagione” in cui Fondazione andava a captare quanto stava succedendo nel teatro digitale dopo il COVID per rilanciare pratiche nuove.
Ma oltre ad onLive andava approfondito il tema secondo almeno due direttive: gli scenari e il supporto. Gli scenari presenti, e soprattutto futuri, che si paravano innanzi a queste produzioni, e quindi gli esiti artistici oltre che in chiave di accessibilità e fruizione. Dall’altra come questo sistema poteva essere supportato, e quindi i legami con le aziende, il dialogo con le istituzioni e lo scambio con le altre realtà al fine di creare un network. Tutto questo trova un nome che è onLive Campus (qui), una giornata annuale di incontro che si svolge tra tavole rotonde, presentazioni, workshop ma soprattutto la possibilità di fare network. Una realtà che da subito si pone come un osservatorio privilegiato e che immagina di dover operare verso la realizzazione di un report in grado di fotografare il presente alla luce del passato gettando semi per il futuro.
Un “libro bianco”. Un progetto che quindi ha tre anni di vita e che ora è un volume curato da Simone Arcagni e Lucio Argano con il supporto fondamentale di ADV (Arti Digitali dal Vivo) e che ha visto la partecipazione di ben 22 tra studiosi e professionisti che hanno affrontato diversi temi… dalla danza al circo, la lirica, la musica, il teatro di prosa, la perfomance. Con diversi approcci: la questione giuridica, quella filosofica, i festival, gli archivi, i bandi, le cattedre, le residenze le conferenze e via dicendo. Una osservazione a vasto raggio accompagnata da schede e da approfondimenti su singoli spettacoli o interventi e con una bibliografia ragionata ed esaustiva.
Questo è onLive. Libro bianco sullo spettacolo digitale dal vivo in Italia di Fondazione Piemonte dal Vivo per la casa editrice Luiss University Press.