Lisbeth Gruwez & Maarten Van Cauwenberghe sono i fondatori della compagnia di danza Voetvolk e sabato alla Lavanderia a vapore di Collegno hanno proposto il loro spettacolo dal titolo Into the Open.
Insomma: vi sedete di fronte al palco magari aspettandovi una performance più o meno tradizionalmente di danza e incalza subito una batteria dai tempi rock… con una serie di ritmi e tonalità che dal progressive all’hard progressive si muovono fino ai suoni acidi dell’elettronica. Al batterista si affiancano, in una perfetta frontline da power trio, un bassista e un chitarrista. Nel mezzo alcune figure che incarnano l’anima arrabbiata, creativa e animale del rock.
Into the Open scava negli stilemi rock e nei suoi topoi, dalle “piroette” chitarristiche alle mosse del bassista, fino alla dimensione aggressiva e persino orgiastica del pubblico del concerto rock. E qui sta la genialità della performance che passa in rassegna mosse, stili, versi, “fotografie” del rock dal vivo per trasformarle in stilemi nuovi, per organizzarle e coordinarle in una fluire organico diverso. Si assiste infatti, non tanto a una rilettura, quanto piuttosto a una vera e propria decostruzione e ridefinizione di un armamentario performativo che fin dai fianchi di Elvis ha contraddistinto, non solo e non tanto una storia musicale, quanto una storia di costume, di società e di cultura. Frammenti dei Ramones e di Iggy Pop, così come di Hendrix, ma anche Damned, Nirvana e chi più ne ha più ne metta si condensano e si sublimano in qualche cosa d’altro. Il ritmo sempre ossessivo della partitura ritmica e il suggestivo lavoro sulle luci che, anche in questo caso, giocano su alcuni elementi stilistici riconoscibili, vanno a disegnare uno spettacolo dirompente (e questo è certo) ma soprattutto spiazzante nella sua capacità di estrapolare frammenti noti e riproporli… selvaggiamente. Rivisti, riletti in una scrittura di scena che non è, non può essere e non vuole essere, quella del concerto rock ma che ne riprende riti e miti.
La potenza visiva e sonora di opere come questa scandiscono una differenza che diventa sottotraccia di una necessità, quella del corpo, della sua presenza, della sua conflittualità, della sua innegabile centralità proprio nei processi sociali che ampliano i confini del presente e del fisico con nuove potenzialità digitali. Non si tratta di elementi in contraddizione ma di un linguaggio nuovo e necessario che nasce dalla spinta performativa e dalla definizione di ambienti più vasti.