Questo I ragazzi degli anni ’90, webdoc seriale de “Il Corriere della Sera”, è un’operazione nella sua semplicità molto interessante… e per diversi motivi. Giunto alla seconda stagione, racconta l’ultimo anno al Liceo Tasso di Enrico Buonanno (ideatore e regista della serie, affiancato da Matteo Benedetti e Luca Mastrantonio) attraverso video realizzati da una videocamere non professionale. Il racconto quindi è realizzato attraverso una serie di video diremmo amatoriali, home video, montati secondo gruppi narrativi: il concerto, l’occupazione, la scelta dell’Università etc. La voce fuori campo commenta e costruisce il filo narrativo dei singoli episodi. Semplice, se paragonato ai webdoc canadesi, francesi, americani, addirittura modesto nelle pretese: c’è pochissima interazione, l’utente può commentare o inserire la puntata sui propri social network… sicuramente può guardare tutti gli episodi passati, costruirsi un proprio percorso, ma nient’altro. Ma qui l’importante non è questo, è proprio la materia specifica di questa serie ad essere di interesse, un “così eravamo” filtrato da una voce d’oggi su filmati non professionali del passato. Una sorta di ri-costruzione in postproduzione di una serie di video slegati e spesso approssimativi che hanno il fascino del ripescaggio di immaginari d’annata. Un’operazione semplice ma che chiama in causa uno degli elementi fondamentali dei social network e dei video on line, la non professionalità, il video dal basso, dell’utente, con quel sapore di ripescaggio in una selva di ricordi ancora poco catalogati. La professionalità dell’operazione è data dalla postproduzione, altro elemento fondamentale dell’audiovisivo sul web e poi una forma editoriale garantita, in questo caso, anche dal “Corriere”. Gli utenti sembrano apprezzare… Marco Cubeddu nell’articolo Noi ragazzi degli anni ’90 divoratori di madeleine uscito su “Pagina99” (6 dicembre) parla di 350 mila visualizzazioni in streaming per la prima serie e 50 milioni di pagine visitate.
Home video quindi come materiale grezzo da sfruttare, riprendere, manipolare, riutilizzare secondo forme di storytelling nuove. E poi l’archivio… l’idea che il web sia davvero una grande concretizzazioni di archivi e di flussi che possono combinarsi e ricombinarsi continuamente.
Qui il webdoc seriale