Elogio dei non nativi digitali

Certo l’invidia nei confronti dei nativi
digitali c’è… quando mio figlio di 8 anni trova su internet giochi e filmati
con una facilità che ha dell’incredibile un po’ rimango sconcertato, così come
la figlia del mio amico di 12 anni che mi ha spiegato in 5 minuti le diverse
applicazioni che potevo usare sul blackberry… Io faccio qualche sforzo in
più, certo c’è la curiosità dalla mia parte e poi c’è anche la rivincita: per
esempio quando ho rimesso a posto il mio impianto stereo l’altro mese e ho
mostrato a mio figlio i miei dischi, ho estratto il vinile, l’ho appoggiato sul
piatto, ho fatto scendere la puntina… beh! Soddisfazioni d’altri tempi,
soprattutto vedendo la sua faccia estasiata e curiosa. Mi ha fatto pensare che
forse la nostra generazioni (i 40enni) ha un vantaggio di essere molto “crossing”,
di poter vagare tra vecchi e nuovi media, di essere in grado di muoversi tra
nastri magnetici e dvd, tra Ipod e giradischi, di essere attratta dalle novità
tecnologiche e allo steso tempo sapersi godere un buon vinile… anche dal
punto di vista dello studioso penso che non ritenere arcaiche le vecchie
tecnologie sia un vantaggio per poter fare paragoni, per poter ampliare lo
spettro delle conoscenze di ascoltatore e spettatore, di chi ha fatto
esperienza di sale cinematografiche diverse, di schermi home differenti… non
come pezzi di storia ma come pratiche attive e fattive di fruizioni mediali
differenti. Uno spettro più vasto fatto non di conoscenze quanto di esperienze.

 

Qualche mese fa ero a sciare con un amico
che aveva ancora i vecchi sci, quelli lunghi e stretti… sale in seggiovia con
noi un ragazzino di 12, 13 anni e chiede al mio amico come fa a sciare sulle
piste da discesa con gli sci da fondo! Beh! Allora qualche vantaggio, qualche
conoscenza in più l’abbiamo anche noi che siamo sul crinale di cambiamenti
tecnologici così decisivi, forse abbiamo il vantaggio di essere a cavallo della
storia, di poter esperire forme e pratiche diverse con la saggezza della
conoscenza diretta, dell’esperienza diretta delle cose, dando un senso al
passato non come museo e soprattutto di non essere così brutalmente appiattiti sul
presente.