Ho incontrato Simona Lodi, direttrice artistca di Share Festival (Torino 3-8 novembre) e ideatrice della mostra "Market Forces":
– Parlami del festival…
Il festival in generale si innesta su “Manufacturing”, tematica 
dell’edizione 2008, la complessità è stato il punto di partenza per 
progettare la nuova edizione.
Quando tra giugno e settembre del 2008 io e lo staff di Share Festival 
con il nostro curatore ospite Andy Cameron ci siamo riuniti per decidere 
tra una rosa di argomenti, ci siamo trovati a discutere di un tema caldo 
come i tagli alla cultura che il governo e gli enti locali stavano facendo e di come avremmo dovuto reagire alla crisi economica. Confrontandoci su questa situazione abbiamo capito che un’epoca era finita, finiva la lunga coda di quegli anni 80/90 dove vigeva la regola che il mercato bastava da solo a regolare la democrazia e che le forze del mercato ci stavano condizionando più di quello che avremmo pensato. Quindi abbiamo avuto subito interesse a riflettere sull’economia, il neoliberismo e il capitalismo post-industriale. A questo punto dovevamo scegliere il taglio che volevamo dare a questi argomenti.
– Il mercato è davvero lo specchio della nostra società, il luogo che ci rappresenta e identifica la nostra cultura?
   
Sai sono nate spontenee domande del tipo come affrontare una realtà 
instabile dove l’imprevisto gioca un ruolo fondamentale? Come fare 
fronte a un futuro che non è più immaginabile in modo lineare e in cui 
la complessità stessa sembra l’unico approccio? La risposta di Andy 
Cameron, guest curator e presidente della giuria di Share Prize 2009, è 
stata “market”. Il mercato è la meccanismo per affrontare la complessità 
del futuro e l’imprevedibilità: un ecosistema. La sintesi di questo 
percorso – riuscitissima quanto attuale – è “Market Forces”. Perciò 
l’imprevisto gioca un ruolo determinante, ma la teoria della complessità 
non dà soluzioni pratiche, è necessaria una visione del futuro che sia 
credibile e applicabile. Quindi cosa fare? Intorno a questa domanda 
saranno chiamati a dialogare i conferenzieri invitati a Share 2009. 
Hanno confermato la loro presenza fin ora Richard Barbrook, Joel 
Baumann, Erik Natzke, Joshua Davis, Sorin Solomon, Alessandro Ludovico, 
Franzisca Nori, Bruce Sterling, Giovanni Ferrero, Roberto Burlando, 
Kathe Kelly.
– Hai privilegiato un tipo di atteggiamento artistico nello scegliere le opere e gli artisti?
Per la mostra l'approccio è stato un altro: gli artisti possono essere 
una fonte alternativa di conoscenze sull’economia?
Partendo dal progetto speciale per Share Festival 2009 di Salvatore 
Iaconesi Squatting Supermarkets, dove è narrata l'evoluzione del nostro 
quotidiano attraverso lo shopping aumentato, è nata l’occasione per la 
mostra Market Forces. Sono stati coinvolto artisti che hanno lavori che 
hanno attinenza con il marketing, l'e-commerce, la comunicazione 
commerciale. Opere scherzose e paradossali che spesso usano il 
supermercato, anche in versione e-commerce, come luogo privilegiato. In 
questo contesto tematico il supermercato è spazio dell’azione migliore e 
tempio indiscusso della nostra identità di consumatori, che gli artisti 
sovvertono e trasformano in campo d’azione artistico, molto spesso 
attivista. Il supermercato, che è il luogo rappresentativo per 
eccellenza delle dinamiche sociali e scenario o meglio non-scenario 
delle nostre vite, dà la possibilità di visualizzare gli aspetti 
astratti delle forze economiche.
Gli artisti scelti in un modo o nell'altro fanno cultur jamming , cioè 
"sabotaggio culturale", che è una pratica contemporanea che mira alla 
contestazione dell'invasività dei messaggi pubblicitari veicolati dai 
mass media nella costruzione dell'immaginario della mente umana.
Gli artisti agiscono come company vere e proprie, inventano campagne 
marketing, emettono comunicati aziendali. Invece che mostre in gallerie 
d’arte radunano il pubblico in convention, agiscono in terza persona 
tramite legali rappresentanti, amministratori delegati, azionisti, 
influiscono direttamente sul mercato azionario e sull’andamento in borsa 
delle aziende prese di mira con azioni di disturbo come siti fake e 
azioni prank, , squatting supermarket, anti-games, supermercati-fake, 
attivismo guerrilla. Esempi più famosi sono stati gli e.toy, RTMark, 
Yesmen e il progetto Problemmarket.org. Artisti che compiono azioni 
attiviste nei supermercati come lo shop-dropping – teorizzato da Ryan 
Watkins-Hughes nel 2004: il più famoso è quello di Banksy che ha 
distribuito 3000 copie fake del CD di Paris Hilton – mandando in tilt 
centinaia di store e i supermencati del Regno Unito.
In Slovenia due artisti– Janez Jansa e Igor Stromaier aprono on line 
Problemmarket.org – la borsa dei problemi – dove si possono comprare e 
vendere problemi – perché è dai conflitti che nasce l’opportunità di 
trarre profitto.
L’artista americano John Freyer mette in vendita su eBay tutti i propri 
averi, compreso un dente finto e alla fine vende anche il dominio 
Allmylifeforsale.com, ottenendo quasi 5.000 dollari dimostrando così che 
tutto ,ma proprio tutto può diventare merce; mentre il collettivo 
italiano Les Liens Invisibles progetta per Share Festival un’operazione 
di viralmarketing spingendo gli utenti di facebook al suicidio, un 
Seppukoo versione socialnetwork. Così come le strategie di marketing 
virale sono state sfruttate dalle industrie dei media per creare 
profitto connettendo persone di tutto il mondo, Seppukoo vuole 
sovvertire questo meccanismo al fine di ripensare l'idea stessa di 
social network, rispondendo alla domanda retorica: "che cosa succede a 
un utente quando il suo profilo, account o avatar si suicida?"
 
							 
							