Si è dunque chiuso il festival di Pesaro, tra le cose che porto con me un paio di film della bella rassegna sul cinema israeliano: Year Zero di Joseph Pitcchadze, una sorta di melodramma… giro di vite che si incrociano in un destino a tratti assurdo, a tratti tragico. Un po’ come quello delle due donne, madre e figlia, protagoniste di Mon Tresor di Keren Yedaya.
E poi i film di Maya Zack giovane cineasta e videomaker di Tel Aviv che anima un mondo poetico fatto di ossessioni e di una cura formale originale.
Non è una scoperta invece il talento di Ron Slavin… inoltre Hospice di Andrea Caccia, toccante ritratto di un hospice e della genet che vive, operatori, medici e malati terminali… un film fatto di gesti quotidiani, di oggetti, punti di vista quasi insignificanti in un luogo della morte che si anima di vita.
Tra le cose viste anche Meeting the S.E.W.A. Movement, film di Carola Spadoni, artista visiva e videomaker di talento di cui avevo già apprezzato Giravolte.
Ho incontrato la Sapdoni che mi ha raccontato come durante un viaggio in India si imbatte casualmente in questo progetto S.E.W.A., un sindacato femminile che cerca di tutelare il lavoro delle donne che operano a diversi livelli, dalle venditrici al mercato a quelle che realizzano piccoli oggetti di artigianato.
Mi racconta di essere rimasta colpita dal progetto ma anche dalla vitalità di queste donne, dal loro coraggio di intraprendere una strada alternativa, di costituirsi come gruppo e soprattutto di come non interpretino il lavoro sindacale unicamente come tutela del lavoro, ma anche come affare sociale, tutela della dignità e, perché no, aiuto sociale effettivo, gruppo di collaborazione. La gioia di vivere di queste donne che si esprime subito all’inizio del film in un festival per le starde con balli e canti e che prosegue nei sorrisi “veri” di queste donne. La Spadoni – come mi racconta – ha voluto sottolineare il suo incontro quasi casuale, amatoriale, con la sua camera non professionale, il suo essere estranea, e curiosa, la volontà di trattenere nel film la sua relazione. Proprio questo tratto amatoriale caratterizza il film da un certo punto di vista, d’altra parte risulta interessante il lavoro sui volti e quello realizzato in seguito in postproduzione sulla correzione del colore che dona all’immagine un’iconografia esotica, bollywoodiana. Un film particolare, quindi, Carola Spadoni dice di aver voluto lavorare sull’epica di questa scelta, ma anche sull’epica dell’India con i suoi tentativi economici e sociali così unici e particolari.
Pragamtismo e determinazione – dice – l’hanno colpita del’India e in particolare del sindacato S.E.W.A.
Un bel film, una pratica cinematografica e video a metà tra il diario, la nota, gli appunti di viaggio e poi un percorso di rielaborazione dei materiali… sperando che il film riesca a trovare dei canali di distribuzione ve lo consiglio….