Siamo in circa 30, noi del pubblico (biglietti numerati), entriamo a teatro e lì veniamo accompagnati in un vero e proprio bunker situato sulla scena, ci accodiamo nelle nostre 30 seggiole e poi il buio. Una certa sensazione di claustrofobia circola nell'aria, poi una lampada tascabile si accenda, illumina un volto nel buio, davanti a noi, vicino. Inizia così Stranieri del Teatro delle Albe, presentato ieri al Festival delle Colline Torinesi.
Un uomo solo, un vecchio, chiuso, asserragliato nella sua casa "pagata", con tutti i conti in ordine, accompagnato dai suoi 30 volumi dell'enciclopedia della Scienza e della Tecnica che non possono mentire, che danno solidità. Nel bunker buio colpi alla porta, l'uomo, armato di un fucile da caccia "regolarmente autorizzato", urla di andersene, di andare via, pensa di essere circondato da stranieri che vogliono importunarlo o scacciarlo di casa. Quel bussare è invece il ritorno fantasmatico della moglie e del figlio, due creature che non ha mai capito che forse non ha mai amato, loro sono i veri stranieri che si affacciano sulla soglia del suo appartamento.
Un testo duro questo Stranieri, spelndidamente messo in scena dalla compagnia, realizzato con un gioco di luci e buio, con i suoni e i rumori amplificati e con un uso dei video a interpolare la recitazione con frammenti spazio-temporali diversi. Un'onda di ricordi e allucinazioni, fantasmi che vivono per incrinare la fede nella concretezza dei soldi e della tecnica. Mentre fuori, probabilmente, gli stranieri fanno la loro vita senza curarsi di lui, la mente ormai patologicamente ossessionata del vecchio intuisce che lui è stato lo straniero, che lui non ha voluto conoscere, capire, toccare, nemmeno la propria famiglia… buio nel bunker!