“Diario di bordo” della prima giornata al Festival del Cinema di Bellaria.
Innanzitutto un grazie sentito al diluvio che si scatena sulla ridente cittadina marittima della riviera adriatica che riduce a zero ogni tentazione alternativa alla sala cinematografica; in quest’ultima, quindi, accogliente come non mai, ci si appresta a vedere documentari di diversa derivazione.
Una prima citazione la voglio dedicare ai documentari di Peter Whithead, regista inglese, testimone della swinging London. Ieri ho potuto vedere The Beach Boys in London del 1966 sul breve tour inglese della band californiana che, inneggiando al surf e alle feste in spiaggia, intraprende un duello a distanza con i Beatles. Poi Pink Floyd. London 1966/67: vero capolavoro del cinema psichedelico, una suite di Interstellar Overdrive lunghissima, con immagini della band di Roger Waters e Syd Barret riprese in studio e sul palco del mitico locale UFO. Stessa band, stessa sessione e stessi suoni per il mitico Tonite Let’s All Make Love in London, il più vero, assurdo e lisergico documento sulla scena pop inglese di fine anni ’60.
Tra le altre cose che sono riuscito a vedere Doble forza di Ogino Knauss, intrigante documentario sul quartiere Alamar, a Cuba, curioso miscuglio di edilizia popolare e auto-edificazione organizzata in nome della rivoluzione. Le incongruenze tra il progetto e il risultato, tra il passato e il presente, dove le modificazioni architettoniche testimoniano anche di modificazioni sociali. Un film che si muove più per suggestioni che per tesi, che sembra però rimanere un po’ lontano, lascia la sensazione di non essere riusciti a penetrare in profondità, di non aver colto appieno la massa di stimoli e sfumature che la situazione prometteva. Curioso anche Gancho Cruzado di Frediana Fornari, vite parallele di un bambino pugile e di un giovane pugile in Nicaragua. Mentre più impostati, persino un po’ rigidi sono sembrati Nera – Not the Promised Land di Andrea Deaglio, storia di una giovane nigeriana arrivata in Italia e costretta a prostituirsi e L’Italia chiamò di Leonardo Brogioni, Angelo Miotto e Matteo Scanni, su quattro militari italiani che vivono traumaticamente il ritorno a casa dopo missioni all’estero in quanto ammalati di cancro causato dai proiettili all’uranio impoverito. Decisamente più interessante Memoria Esterna di Zimmer Frei, storie di Milano, raccontate, ricordate in audio con le immagini che attraversano i luoghi, le ricercano, li perdono… la memoria e la città vivono percorsi a volte paralleli, altre tangenti e creano assieme una labirinto audio-visivo davvero stimolante.
Buona notte…