Ho ascoltato, sempre con piacere, ieri Ermanno Olmi ospite della trasmissione Hollywood Party, in diretta da Cannes, dove venivano celebrati i 30 della sua vittoria con L’albero degli zoccoli (Palma d’Oro nel 1978).
Come sempre mi ha colpito il suo tono pacato, l’arguzia e il senso dell’ironia, mi ha fatto tornare la voglia di rivedere alcuni suoi film che ho amato come Il posto, I fidanzati, Lunga vita alla signora, ma anche il recente Centochiodi o Il mestiere delle armi. Ieri sera ho riguardato I fidanzati e, appunto, L’albero degli zoccoli… ho rivisto un regista profondo, rigoroso, ma anche ironico, profondamente legato all’uomo. Mi ha impressionato come il cinema, inteso come lingua e struttura, e perfino il racconto, la narrazione, vengano sempre dopo l’uomo, il paesaggio… a partire dall’uomo sembra nascere il cinema, lo stile, il racconto… un’impressione profonda di meraviglia del cinema nel suo farsi attorno ad una curiosità, ad una necessità impellente. Mi ha ricordato la lezione roselliniana e come il cinema viva anche, e ancora, con la meraviglia di alcuni grandi capolavori del passato.