Il cinema italiano oltre i “panettoni”

Le vacanze sono finite e i “film panettone” iniziano a sparire dai cartelloni cinematografici portandosi dietro il codazzo di riflessioni più o meno edificanti sul cinema italiano.
Da una parte chi non vede l’ora di innalzare l’ennesima bandiera del risveglio cinematografico italico, forte dei biglietti staccati dai Pieraccioni, De Sica & co. Dall’altra chi, proprio alla luce del valore dei “panettoni”, dichiara la morte definitiva del nostro cinema.
Se dal punto di vista commerciale è ovvio che siamo messi male e che solo i “panettoni” danno un po’ di aria ad una crisi economica del settore cinema che sembra ormai cronica, dall’altra, una più attenta valutazione dei film realizzati nel nostro paese negli ultimi anni, non mi fa essere così critico sulla nostra produzione.
Siamo poco capaci di distribuire, di fare circolare i nostri prodotti, di dargli risalto, di porli al centro di un dibattito culturale sui diversi media, eppure il cinema italiano c’è… nonostante tutto, c’è.

Vorrei ricordare innanzitutto Marco Bellocchio, autore importantissimo che negli ultimi anni ci ha donato film mai banali, graffianti, ricchi di riflessioni e spunti e stilisticamente affascinanti. Penso a L’ora di religione, ma anche Buongiorno, notte e Il regista di matrimoni, per molti un fiasco, per me una piccola gemma.
Penso a Ermanno Olmi che l’anno passato ci ha proposto I centochiodi (2007), un film così personale e così particolare da divenire già uno dei miei preferiti.
Cadiamo spesso in luoghi comuni sul cinema italiano: si dice che non è in grado di raccontare la nostra società, eppure i nuovi film di Silvio Soldini (Giorni e nuvole) e Carlo Mazzacurati (La giusta distanza) – non dei capolavori, ma belli, importanti, necessari – sono lì a smentire questa analisi superficiale. Così come i film molto personali di Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Costanza Quatriglio, Vincenzo Marra, Daniele Vicari, Saverio Costanzo, Emanuele Crialese, i fratelli Frazzi, Andrea Porporati… e molti altri ne dimentico, e me ne scuso.
Non so se capita anche a voi ma io conosco un sacco di gente che si vede qualsiasi “cosina carina” francese, tedesca, inglese, spagnola e, tanto più, americana, con uno sguardo bonario, elevando spesso ad autori registi appena decenti e poi si lascia sfuggire autentiche “chicche” italiane.
Poter contare su nomi come Nanni Moretti, Antonio Capuano, Ciprì e Maresco, ritengo che non sia così scontato. Così come avere, nella quasi totale indifferenza dei produttori e delle istituzioni, una schiera agguerrita di documentaristi che si fanno notare nei festival nazionali e internazionali. Penso alla milanese Alina Marazzi che quest’anno ritorna con il bel Vogliamo anche le rose (presentato a Locarno e al Torino Film Fest), Salvo Cuccia, Marco Bertozzi, Guido Chiesa ecc.

Insomma, non vorrei fare un lungo elenco, ma notare che, a dispetto di scarsi interventi finanziari e legislativi, a fronte di una difficoltà ad essere prodotti e/o distribuiti e ad altri mille ostacoli, esiste un cinema italiano in grado di realizzare bei film, film interessanti, a volte grandi film e persino capolavori.

Continua…

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  • CyrusTheVirus |

    ed io volevo essere il terzo: v i s i o n a r i o “de-generabile”!!!

  • mariano |

    ti cito:
    “a dispetto di scarsi interventi finanziari e legislativi, a fronte di una difficoltà ad essere prodotti e/o distribuiti e ad altri mille ostacoli, esiste un cinema italiano in grado di realizzare bei film, film interessanti, a volte grandi film e persino capolavori.”
    Simone è tutta gente che soldi ne ha presi anche fin troppi … magari il nostro cinema fosse fatto di panettoni (10 franco&ciccio e 4 bellocchio &antonioni)… ma tu queste cose le sai benissimo, è che sei un provocatore 😉
    a presto

  • Riccardo |

    volevo essere il primo a fare un commento: ma simone tu non capisci niente di cinema italiano!!! forse qualcosa su antonioni ma poco più!!!

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