Si è tenuto ieri il primo atto formale della costituzione del Dottorato in Studi Culturali, il primo in Italia, all’interno del Dipartimento Arco, Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Palermo. Con un certo, giusto, orgoglio, il professore Cometa, da anni impegnato in studi in Cultural Studies, ha aperto i lavori con una ricca e sostanziosa presentazione dello stato delle cose, andando a toccare due punti dolenti a mio parere davvero interessanti. Da una parte il fatto che in Italia non è mancato chi si sia avvicinato, anche con esiti importanti, agli studi culturali, ma nonostante ciò non è mai nata una vera e propria scuola, non si è formata una tradizione di studi affidando il tutto a occasionali o non integrati filoni di ricerca.
Questo ha fatto sì che grandi pensatori italiani come Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini e Ernesto De Martino ritornino ora negli studi culturali per il tramite della cultura anglosassone o tedesca che ci riporta il loro pensiero, che focalizza nuovamente l’attenzione sui loro scritti.
Il tutto mentre gli studiosi di studi culturali, forse per rimarginare il gap con le scuole appunto germaniche e anglofone si occupano dell’estero dimenticando che il fondamento degli studi culturali sta proprio nell’identità culturale… insomma perché non ci occupiamo di noi? della nostra cultura? della nostra identità? Una domanda che inizia ad avere risposte e che lo stesso dottorato e i filoni di ricerca innestati andranno ad affrontare.
Questo mi fa pensare che proprio nei momenti di crisi politica e sociale la ricchezza di un Paese sta anche nelle risorse culturali, nel ritrovare un’identità culturale, non un cultura omologante, bensì basi culturali identitarie. Il cinema lo sta facendo, per esempio. La lista dei 100 film che hanno meglio rappresentato la Storia italiana dal 1943 a oggi… una lista promossa a Venezia durante lo scorso festival e poi rilanciata e commentata dai giornali in questi giorni è un tentativo per focalizzare l’attenzione su chi siamo noi, quale è stata la nostra Storia ma soprattutto come l’abbiamo raccontata (la cultura che crea un’identità).
Mi viene da pensare anche alla costituzione di HomeMovies. Archivio Nazionale del Film di Famiglia, a Bologna: un’operazione singolare che ha il pregio di recuperare un cinema non professionale, casalingo, eppure così importante per raccontarci. Anche lo spazio che il documentario si sta prendendo – con forza e con rabbia a volte, a dispetto di tutto e di tutti e con le ragioni della qualità – è un segnale significativo.
Andare al cinema e vedere Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi e Biutiful Cauntri di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero è un modo per riappropriarci di noi, della nostra storia, della nostra cultura… non si tratta di nazionalismo, si tratta di innescare nuovamente dibattiti nel nostro paese, si tratta di sentirsi parte di un discorso che dobbiamo intraprendere assieme.
Guardate il promo di Biutiful Cauntri e sostente in sala i film documentari… appuntamento al cinema!